Solar System
Li chiamavano Hotanathii. Nell'antica lingua significava la spina dorsale di Dio, perché questo è ciò che le montagne sembravano a quegli uomini di un tempo, ma col tempo ci si era abituati a parlarne come qualcosa di immobile, immutabile, eterno.
Hotanathii erano le stelle sparse nel cielo notturno e le costellazioni che disegnavano. Anche il sole era Hotanathii, il corso del fiume e il ghiaccio in cima alle montagne. L'amore di una coppia era Hotanathii e anche le lapidi degli antenati.
Tymokh osservò le montagne emergere dal freddo dell'alba, rannicchiato nelle sue vesti, seduto a gambe incrociate al centro del villaggio. La notte prima scoppiettava un falò a meno di dieci metri da dove era seduto, ma ogni tepore si era spento da un po’. Il fuoco non era altro che una scintilla, destinata a svanire. Non era così diverso. Non siamo Hotanathii, fratello fuoco. L'universo non ci ama abbastanza. La luce degli uomini era altrettanto volubile; poteva bruciare così intensamente da trafiggere gli occhi e sbiadire nello stesso respiro.
Ah, ma ora lo sapeva, sapeva come ingannare l'universo. Poteva svanire, così sia! La scintilla nel ventre di Elysse era la sua, l'aveva trasmessa e sarebbe brillata. Le stelle dovrebbero riconoscerlo, il sole lo scalderebbe e le montagne lo accoglierebbero nel mondo. Molto tempo dopo che Tymokh se ne fosse andato, suo figlio si sarebbe seduto lì, sotto lo stesso cielo, davanti alle montagne chiamate la spina dorsale di Dio.
Anche quello era Hotanathii.