"Diciamo che l'entropia è quel qualcosa che ci aiuta a interpretare il disordine in un sistema fisico. È ciò che fa sì che l'energia trovi un equilibrio".
Il professor McKellan aveva questo modo di abbellire le cose più noiose sperando di renderle interessanti. L’unico effetto che sortiva coi suoi sforzi era farmi sperare di essere colpito violentemente in testa. Guardai Josh, sperando potesse leggermi nel pensiero e spaccarmi una sedia sul capo. Almeno così potrei dormire.
Ma no, Josh teneva la sedia ben stretta al sedere. Figurati se mi ascolta adesso. È troppo preso da questa storia dell'entropia.
Mi chiesi, non per la prima volta, come sarebbe stato essere come lui. Dal momento che aveva sentito la parola "fisica" aveva capito cosa voleva fare. Io... non tanto. Se almeno avessi davanti un milione di percorsi diversi, forse sarebbe meglio: ancora incerto, ma libero di scegliere.
Invece, a malapena vedo fino a domani.
Fu la campanella a zittire finalmente il professor McKellan, liberandomi dai miei pensieri. Avevo quindici minuti di respiro davanti a me, minuti che io e Josh passavamo in cortile, su quello che chiamavamo – senza alcun diritto, in realtà – il “nostro” muretto. Josh non ci mise molto ad accorgersi di come stavo.
“Parli anche meno del solito. Tutto bene?”
Seguì una lunga pausa. Non era facile dare voce ai miei pensieri.
“Non lo so. È che temo di aver fatto una scelta sbagliata, con questa scuola, Josh. Cioè, per te è facile, ti piace pure McKellan! Ma io… questi insegnanti e i compiti e le formule… non mi piace nulla!”
“E cosa vorresti fare, allora?”
Ecco. Lo sapevo. Come avrebbe potuto capire? Te l’ho detto, non lo so!
Sospirai, lasciando in sospeso la sua domanda. Mi arrabbiavo con un nonnulla con chiunque non mi capisse immediatamente, come un bimbo viziato. Ah, chi lo sa. Magari è colpa mia se non mi piace niente.
Josh in realtà non si aspettava una risposta. Stava guardando davanti a sé, con la fronte corrucciata, come se stesse mettendo in ordine i suoi pensieri.
“Beh, amico mio, guardiamola da un altro punto di vista. Prendi quel fiore, ad esempio.”
Sì, si era decisamente preparato un discorso.
“Ha un’entropia bassa, no? Le sue molecole sono ferme e quindi ai nostri occhi appare immobile. Niente più che un semplice, noiosissimo fiore. Ma fa’ un passo indietro, guarda tutto quello che lo ha prodotto, tutto il lavoro e l’entropia usata per crearlo. Un insetto ha spostato del polline da un altro fiore; lo ha portato in giro, creando altri fiori e altri semi che il vento ha portato fin qui, al nostro muretto e sul terreno. Poi, con la pioggia, il sole e un po’ di tempo, è nato il fiore. Ma l’insetto? Da dove arriva? E il vento? E la pioggia?”
“Insomma, voglio dire che se trovi la domanda giusta… allora non ti fermi più. Non c’è verso di annoiarsi, se non ti fermi quando pensi di aver finito.”
La campanella suonò di nuovo. Josh sorrise udendola, dandomi una pacca sulla spalla mentre si alzava. Io ci misi un po’ di più, e anche a quel punto rimasi qualche passo dietro di lui, ripensando al suo sorriso. Sembrava felice di tornare in classe. Giusto? O era impaziente di imparare cose nuove?
Mi fermai, guardandolo attraversare il corridoio.
Hai un futuro radioso di fronte a te, Josh.
In quel momento, mi accorsi di stare sorridendo.
